Intervista a Daniele Matterazzo
SEGUI DANIELE NELLA TRAVERSATA D’ISLANDA!
Per quale ragione ci piace camminare? Per quale ragione lasciamo il comfort di una casa per andare, per spostarci? Che senso ha lasciare alle spalle il noto per camminare verso l’ignoto?
C’è forse, sotto a questo impulso, un insito ottimismo che ci fa pensare che l’ignoto possa essere migliore di quanto già sappiamo. C’è nel camminare, nel muoversi, una sintonia con la natura, con tutto quello che di originario ci circonda: la realtà è in continuo movimento e noi, camminando, ci muoviamo con lei. Ascoltando e non resistendo ad un impulso nomade, recondito ed a volte dimentico, non facciamo altro che assecondare la nostra natura, conoscendola e conoscendoci. Il continuo mutare del paesaggio mentre si mette un piede di fronte all’altro ci pone di fronte all’evidenza che ciò che sempre resta siamo noi; e capita così che, alla fine di un tragitto, ci scopriamo più familiari, più sicuri di quello che siamo proprio per essersi concessi il tempo di ascoltare un poco, in silenzio, noi stessi.
Cominciamo dalla fine, dal tuo ultimo cammino di lunga percorrenza, il Cammino del Re In Lapponia.
Per me è stato un percorso nuovo che ho affrontato, come mia abitudine, in solitaria. C’erano però delle differenze: il peso dello zaino superava i 20 kg… peso considerevole, per uno come me, che a malapena supera i 60 kg [trovi qui maggiori informazioni su come preparare lo zaino n.d.r.]. I chilometri si sono ridotti rispetto alle passate esperienze ma le difficoltà tecniche sono sicuramente aumentate. Era quello che cercavo!
Camminare ogni giorno per 20 km e più, con uno zaino carico, non è semplice: come ti prepari per affrontare un Cammino? Esiste secondo te un allenamento specifico?
Il mio tempo libero lo sfrutto nell’andare a camminare, vicino a me ci sono i Colli Euganei, la mia stupenda palestra naturale.
Quando si avvicina la data della partenza provo a camminare anche per una decina, o più, di chilometri al giorno ma non è facile unire l’allenamento alla giornata lavorativa. In Cammino si ha tutto il tempo, nella vita di tutti i giorni dobbiamo confrontarci con obblighi ed impegni quindi camminare per lunghi tratti non è sempre possibile.
Cerco di avere qualche giorno libero, di solito il fine settimana. Allora provo a rimanere fuori e concedermi entrambi i giorni per prepararmi e camminare, per tornare a sentirmi un viandante, o qualcosa di simile.
Devo ammettere che ho la fortuna di essere sempre stato un tipo atletico quindi non mi risulta difficile abituarmi al camminare. Il primo Cammino lo ho organizzato in fretta e furia, dopo poco più di un mese da quell’illuminazione ero già a Saint-Jean-Pied-de-Port.
Quando hai avuto quest’illuminazione di cui parli? Come ti è venuto in mente di camminare, di essere un moderno pellegrino?
Tre anni fa ero a casa e mi è capitato di vedere il film Il cammino per Santiago. Ricordo distintamente che la notte non sono riuscito a dormire, continuavo a pensare al viaggio, al camminare, all’esperienza incredibile che sarebbe stata. Mia madre aveva già capito tutto, forse prima di me. Non ho esitato e per la prima volta mi sono ascoltato nel profondo, anche se tutto mi sembrava avverso. Era l’estate 2020, la prima della pandemia: nel tempo di un mese mi trovavo a Saint-Jean, punto di partenza del cammino francese verso Santiago de Compostela.
Il primo Cammino lo ho fatto per me stesso, rivolto essenzialmente alla mia ricerca. È stato un salto nel vuoto, non avevo nemmeno sognato di camminare per tanti chilometri. Volevo qualcosa che mi desse la possibilità di fare un’esperienza autentica, dove fossi costretto a lasciare tutte le certezze che avevo e che, al contempo, erano anche le cose che più mi opprimevano. Dei Cammini mi piace il lasciare tutto, abbandonare quello che non è essenziale e andare. Amo il fatto di approdare in quella realtà metafisica che è lo stare fuori “casa”, fuori da ciò che è noto ma anche semplicemente stare all’aria aperta. Sento che l’outdoor è la mia dimensione: mi fa stare bene.

“È stato un salto nel vuoto, non avevo nemmeno sognato di camminare per tanti chilometri. Volevo qualcosa che mi desse la possibilità di fare un’esperienza autentica, dove fossi costretto a lasciare tutte le certezze che avevo “
